Aldo Spinelli

Combinatoria

Quanti potrebbero essere gli arcobaleni se si potessero scambiare tra di loro i sette colori?

Ponendomi questa domanda (soltanto apparentemente quasi poetica) nel 1972 ho cominciato a prendere in considerazione quello che in matematica occupa il capitolo del Calcolo Combinatorio.

Se si hanno due oggetti se ne può mettere uno a destra e l’altro a sinistra. O viceversa, ottenendo due permutazioni.

Con tre oggetti il problema si complica (un poco): teniamo fisso il primo e utilizziamo i due possibili scambi degli altri due. Quindi sostituiamo il primo prima con l’uno e poi con l’altro dei rimanenti e giungiamo al risultato di 3 • 2 = 6 permutazioni.

Con quattro elementi le permutazioni diventano 4 • 3 • 2 = 24 e così via secondo l’apparentemente criptica formula:

Pn = n! = n • (n-1) • (n-2) • … • 1

dove il punto esclamativo va letto come “fattoriale”.

Per cui, ritornando agli arcobaleni, se ne potrebbero ottenere ben 5040 (7!).

Nell’ambito di questa ricerca ho cominciato a permutare parole, oggetti, colori, note musicali e quant’altro fosse a mia disposizione e si presentasse come un insieme di elementi.

Le lettere di un vocabolo, per esempio, per cui ho raccolto in un grande pannello tutti gli anagrammi della parola “anagramma” o, meglio, tutti i raggruppamenti che si possono ottenere dalla permutazione di nove lettere di cui quattro uguali tra di loro (le “a”) e due lo stesso (le “m”).

Il brivido dell’anagramma mi ha portato a ricavare da ogni verso de L’infinito di Leopardi un nuovo verso che formasse un’ode al Fintino (un posticcio di capelli che una volta le donne portavano sulla fronte):

L’infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Il fintino*

Qui meste forme sul capo, lor creme

adese, chete paste. A quante parti

il lutto adduce molli, sozze, luride rogne? 

Serene, attendono immani madri di

squallide nuvole. Ma darai spazi

in fronti quasi leziose; speme di

crine gonfio, venereo, pomposi peli,

capelli strani si muovono con ree

qualità. Qui dottore posò misere lontre

folte, quiete. Vizio insano sancì:

venimmo con vano, disperato volere

per elemosinar attente gelosie,

questua di vita; evocar senili soli e

lenir gementi ammissioni. Pensa a

qual elegante cranio urside faremmo.

A tale proposito, ecco:

repubblica.it/rubriche/lessicoenuvole

http://www.repubblica.it/rubriche/lessicoenuvole/2013/01/08/news/pensa_a_qual_elegante_cranio_urside_faremmo-49930225/?ref=HROR-1

http://www.repubblica.it/rubriche/lessicoenuvole/2013/01/09/news/permutazion-49929810/?ref=HROR-1

http://www.repubblica.it/rubriche/lessicoenuvole/2013/01/10/news/permutazion-49929809/?ref=HROR-1

Abreverba

Nel cruciverba, l’incrocio fra orizzontali e verticali facilita la soluzione del gioco. In questo schema monodimensionale lo stesso aiuto è dato dal fatto che alcune

Labirinto

Nel 1972, molto prima di aver trasformato una “A nell’O” in un anello (1976) ho progettato un labirinto utilizzando le lettere della parola “LABIRINTO”:

Alfabeto

Prendo in prestito il titolo di un romanzo di Georges Perec per raccontare la storia di alfabeto. Che nasce dal misterioso e mirabolante miracolo di